Divorzio: la nuova convivenza elimina solo una parte dell’assegno

Nessuna perdita automatica – L’ex coniuge economicamente più debole e privo di mezzi adeguati che intraprenda una nuova convivenza non perde automaticamente il diritto all’assegno divorzile.

È il senso della recentissima sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la n° 32198 di novembre 2021, secondo cui un nuovo percorso di vita di coppia non incide necessariamente sul diritto all’assegno ma, ovviamente, può avere effetti sull’ammontare.

Ciò significa che decadrebbe il diritto alla componente assistenziale dell’assegno – ovvero l’obbligo di assistenza morale e materiale che viene meno con il divorzio – ma potrebbe restare inalterato il diritto alla componente compensativa quantificata sulla base dell’effettivo ruolo svolto in costanza di matrimonio.

Resta l’addio al precedente tenore di vita – È un aspetto essenziale per comprendere che il provvedimento in questione non ribalta il significato della celebre sentenza della Cassazione 11504/2017 per cui, nello specifico della quantificazione dell’assegno di divorzio, non si doveva più tener conto del parametro del tenore di vita familiare dovendosi piuttosto dimostrare di non essere autosufficienti e di non esserlo a causa di scelte familiari.

È La stessa Cassazione a chiarirlo con un comunicato stampa, relativo alla 32198, in cui si legge che “la scelta di intraprendere un nuovo percorso di vita insieme ad un’altra persona non è però irrilevante. Le Sezioni Unite affermano che l’ex coniuge, in virtù del suo nuovo progetto di vita e del principio di autoresponsabilità, non può continuare a pretendere la corresponsione della componente assistenziale dell’assegno. Tuttavia, non perde il diritto alla liquidazione della componente compensativa dell’assegno, che verrà quantificata tenendo anche in conto la durata del matrimonio, purché provi il suo apporto alla realizzazione del patrimonio familiare, o del patrimonio personale dell’ex coniuge, nonché le eventuali rinunce concordate ad occasioni lavorative e di crescita professionale”.

Si mantiene quindi saldo il principio della valutazione caso per caso presso i tribunali, tenendo conto di un numero elevato di variabili e circostanze valutate con l’auspicabile collaborazione tra giudici, avvocati e mediatori familiari nell’interesse delle parti.

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